Parrocchia
"Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria"
Trebisacce (CS)

UN VIAGGIO DURATO 30 ANNI: GLI SCOUTS DI TREBISACCE TORNANO A CASA.

di Andrea Mazzotta

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Secondo il giornalista Dino Basili “Il viaggio perfetto è circolare. La gioia della partenza, la gioia del ritorno”.
La frase, suadente e un po’ sorniona, contiene una parziale verità, perché non sempre la partenza e il ritorno , sono gioie. Soprattutto se la prima ti allontana da quella che tu consideri casa tua.
Io c'ero.
C'ero quando gli Scouts di Trebisacce lasciarono la loro sede storica, che occupava alcune stanze della parrocchia della Chiesa della Beata Vergine Maria di Trebisacce.
Ricordo vagamente alcuni momenti, e con precisione cinematografica altri.
Ricordo di essere entrato in una stanza, dove appeso al muro c'era sempre stato un quadro, e l'alone, quasi innaturale, di quel quadro sulla parete, a testimonianza di qualcosa che una volta c'era, che si pensava sarebbe rimasto lì per sempre, e che adesso non c'era più. Ricordo la rastrelliera dove tenevamo i totem delle squadriglie, vuota e mezza rotta, un angolo della stanza.
Ricordo i pacchi, il percorso in macchina più lungo, se pur di poco, quel iniziale sabato di cambiamento. Ricordo la prima riunione alla nuova sede, in un bilocale dove oggi c'è un parrucchiere, ma che allora doveva essere la nuova casa, almeno per qualche ora a settimana, per oltre 100 tra ragazzi e bambini e guide. Io c'ero quando, vestiti con i pantaloni corti blu e la camicia celeste, ci riunirono in cerchio, e ci fecero giocare al telefono senza fili.
Volli essere io l'inventore della frase che sarebbe passata di orecchio in orecchio.
Ricordo la voglia di dire che qualcosa non andava, che qualcosa non era al proprio posto, e che quel qualcosa, probabilmente, eravamo noi.
Non ricordo come si trasformarono le mie parole quando arrivarono alla fine del cerchio, ma quali erano quando uscirono dalla mia bocca: "La nuova sede fa schifo".
Ed era la verità. Faceva schifo. Ma non perché fosse brutta, o piccola, o inadeguata. Col tempo divenne un gioiello.
Ma non divenne mai, davvero, nostra.
Come non lo fu nessuna di quelle che vennero dopo, a segnare le tappe di un lungo pellegrinaggio durato 30 anni.
Tutt'oggi, non conosco i dettagli di quella che fu una separazione che creò in molti, se non un trauma, sicuramente un turbamento.
Fu, per alcuni di noi, il primo impatto con il concetto di cambiamento.
Oggi sapere la verità mi costerebbe una telefonata, forse due.
Ma preferisco non sapere, dato che, davvero, ma davvero, non ha importanza ciò che avvenne.
Sarebbe invece importante spiegare, a chi non lo sa, cosa significa e cosa ha significato lo scoutismo a Trebisacce. Cosa ha significato per un ragazzino che non usciva neppure sotto casa a giocare, passare notti sotto le stelle, scoprire il rumore che fa la pioggia su una tenda, condividere il pasto e la preparazione dello stesso con tanti altri ragazzi. Cantare, e poter cantare senza imbarazzo, anche se con le campane ti dai del tu, per quanto sei stonato. Il calore di un fuoco in alta montagna, acceso anche d'estate. Lunghe marce che ti portano ogni passo un po' più lontano da casa e po’ più vicino a te stesso. Lo scoutismo ci ha dato una visione del mondo diversa. Migliore. Ci ha insegnato l’amore per l’ecologia e per la natura, il valore di una promessa, la passione per l’impegno, la cooperazione, il rispetto per chi è al nostro fianco. Ma non sono io a dover raccontare queste cose, perché, vuoi per un senso di ribellione al presente, vuoi per un bisogno di essere diverso dall'immagine che hai di te stesso , il mio percorso negli scouts, ad un certo punto, si è interrotto. A raccontarvi storie che meritano di essere narrate quanto di essere ascoltate devono essere i tanti responsabili che oggi, con coraggio e passione, portano avanti un percorso di vita importante. Io vorrei solo condividere cosa si prova a tornare a casa, dopo tanti anni.
C'è un gran senso di pace. Di compiutezza. Di cose che vanno al loro posto, di pezzi quadrati che entrano in buchi quadrati, di soli che sorgono sul mare e tramontano sui monti, di stelle che cadono e non risalgono, di pesci nel mare, di uccelli nel cielo e talpe sottoterra. Insomma, una volta tanto, per una volta almeno, ogni cosa è al suo posto. In questo momento a me vengono in mente due persone di cui non farò il nome, per cui questo ritorno, almeno in una fase della propria vita, avrebbe significato qualcosa di speciale. Un vecchietto canuto, vestito tutto di nero, che dicevano avesse un carattere duro, ma che a noi guardava sempre con una tenerezza negli occhi unica. Sono sicuro che oggi sia felice, ovunque lui sia. E un ragazzino biondo, con gli occhi azzurri azzurri, che correva dappertutto con il cappello da lupetto in testa e il sorriso in faccia… e che oggi non c'è più. Quando passammo dieci giorni al Santuario della Madonna della Armi, e ci faceva impazzire tutti, all'ennesimo rimprovero, a me ero il suo caposquadriglia disse "Ricordati che anche io sono uno scouts". Sono passati forse 30 anni, ma me lo ricordo ancora... quel piccolo scouts orgoglioso di esserlo.
Ecco, le coordinate del mio ricordo sono queste e con queste ho tracciato la rotta della mia emozione, quando qualche giorno fa, gli scouts sono tornati a casa, grazie alla volontà di Don Vincenzo Calvosa e del Vescovo S.E. Mons. Francesco Savino, a cui vanno, tra i tanti, anche i miei ringraziamenti.
Ci sarebbe ancora tanto da scrivere, da raccontare, da testimoniare, ma, una volta tanto, mi mancano le parole. Ed è bene così. Ed è giusto così.
Però una strofa mi risuona in mente da giorni, facendo eco all’aforisma di Dino Basili.
E’ tratta da quella che è, a mio avviso, la più bella delle canzone degli scouts.
Si intitola “Alla Nostra Signora degli Scouts” e Recita così:
“Madonna degli scouts, ascolta, t'invochiam,
concedi un forte cuore a noi che ora partiam!
La strada è tanto lunga il freddo già ci assal
respingi tu Regina, lo spirito del mal”.
C'è voluto un cuore davvero forte in questo viaggio, durato trent'anni. Il più grande ringraziamento va chi ce l'ha concesso.
Andrea Mazzotta